IL TRIBUNALE Ha pronunciato la seguente ordinanza nella causa penale di primo grado contro Valdaretti Davide, nato a Roma il 25 maggio 1967, ivi residente via Baudelaire n. 12, arrestato l'11 settembre 1989, scarcerato il 12 gennaio 1989, libero, presente; Oliviero Mario, nato a Roma il 31 gennaio 1967, ivi residente via Baudelaire n. 15, arrestato l'11 settembre 1989, scarcerato il 12 gennaio 1989, libero, contumace; Soddu Fabiola, nata a Roma il 15 ottobre 1966 ivi residente via degli Impressori n. 80, arrestata l'11 settembre 1989, scarcerata il 12 gennaio 1989, libera, contumace; Assisi Sandra, nata a Roma il 30 giugno 1969, ivi residente via Gogol n. 3, arrestata l'11 settembre 1989, scarcerata il 12 gennaio 1989, libera, presente. Tutti: A) del reato p. e p. dagli artt. 110 e 341 del c.p. per avere, in concorso tra loro, pronunciato nei confronti degli agenti di P.S. Cervera Francesco, Rippa Claudio, Baronetti Rodolfo, frasi oltraggiose; Valderetti e Oliviero inoltre: B) del reato p. e p. dagli artt. 110 e 336 del c.p. perche', in concorso tra loro, minacciavano l'agente di P.S. Cervera Francesco, al fine di indurlo ad omettere un atto del suo ufficio, dicendogli che se avesse proceduto nei loro confronti avrebbero dichiarato di essere stati malmenati. In Roma l'11 gennaio 1989. All'esito del dibattimento, cui gli imputati venivano citati, dopo l'istruzione sommaria, per rispondere dei reati in epigrafe, il tribunale perveniva ad un giudizio di insufficienza di prove sulla responsabilita' di tutti gli imputati in relazione ad entrambi i reati loro rispettivamente ascritti. In tale situazione probatoria il tribunale, alla stregua del secondo comma dell'art. 530 del c.p.p. del 1989, applicabile ai procedimenti in corso per effetto dell'art. 254 del d.lgs. 28 luglio 1989, n. 271, avrebbe dovuto assolvere gli imputati con formula piena ("perche' il fatto non sussiste"). Senonche', il reato di cui al capo A) - oltraggio a pubblico ufficiale - e' coperto dall'amnistia di cui al d.P.R. n. 75/1990 sicche', alla stregua del secondo comma dell'art. 129 del c.p.p. 1989 (come gia' del secondo comma dell'art. 152 del c.p.p. 1930) - secondo il quale in presenza di una causa estintiva l'assoluzione nel merito prevale solo nel caso in cui risulti evidente l'innocenza dell'imputato - il tribunale dovrebbe pronunciare declaratoria di estinzione del reato e non gia' assolvere gli imputati nel merito. La paradossale irrazionalita' della situazione - e quindi il suo contrasto con l'art. 3 della Costituzione - appare evidente; il provvedimento di clemenza si risolve in un danno per l'imputato non attinto da prova sufficiente, che, in assenza di quel provvedimento, sarebbe assolto con formula piu' favorevole. Il decreto di amnistia - cosi' come l'intervento di qualunque altra causa estintiva - viene cosi' a ridare rilevanza negativa al dubbio probatorio, in contrasto con il sistema del nuovo codice e con conseguenze che palesemente contrastano con il principio di pari trattamento in situazioni uguali. Infatti, nella stessa situazione probatoria (di prova insufficiente), per i reati (piu' gravi) esclusi dal provvedimento di clemenza va pronunciata assoluzione nel merito (con formula piena); mentre per quelli inclusi nel decreto di amnistia il proscioglimento andrebbe pronunciato con formula, meno favorevole, della dichiarazione di estinzione del reato. Ed e' quanto si verifica proprio nel caso di specie, in cui il Valdaretti e l'Oliviero vanno assolti dal reato di resistenza per insussistenza del fatto, mentre lo stesso provvedimento non potrebbe adottarsi nei confronti degli stessi imputati, nonche' del Soddu e della Assisi, in ordine al reato di oltraggio per il quale dovrebbe dichiararsi l'estinzione del reato per amnistia. Tale situazione di palese ingiustificata disparita' di trattamento puo' essere superata solo eliminando dall'ordinamento l'art. 129, secondo comma, del c.p.p., in relazione al quale pertanto la questione di legittimita' costituzionale appare di decisiva rilevanza.